È sotto gli occhi di tutti: l’Italia, da primo e fervente sostenitore dell’Unione Europea, è passato a fanalino di coda, spettatore passivo, anzi antagonista, dei lavori e degli sforzi dei cittadini e delle istituzioni verso l’obiettivo Ue. La nostra Provincia è anche pervasa da questo senso di diffidenza nei confronti dell’Unione, di lontananza dal progetto di un’Europa unita. Il problema rilevante di tutto ciò, è che questo senso di malcontento alloggia nelle fasce più giovani della popolazione, assuefatti dalle campagne divisioniste e scetticiste, basate su poche e mal espresse informazioni.
Oggi, in tutto questo, si discute intorno a un esercito comune europeo per la difesa e il monitoraggio dei confini, di una Carta fondamentale che possa dare piena attuazione alle politiche dell’Unione senza incontrare e calpestare le pretese di ogni Stato.
Vi erano, proprio nella nostra Cuneo, durante la Seconda Guerra Mondiale, chi rifletteva su argomenti oggetto di discussione ancora oggi tra gli Stati europei, o argomenti ancor oggi irrealizzati (e, di questo passo, irrealizzabili).
Questi importanti personaggi rispondono ai nomi di Duccio Galimberti, martire della Resistenza cuneese, e Antonino Repaci, suo confidente napoletano di origine, torinese per formazione e residenza, in seguito combattente a Cuneo, nella quale diventerà pubblico ministero finita la guerra. I due (entrambi avvocati e giuristi) raccolsero la loro speculazione intorno alla (allora) utopia di molti Stati europei uniti in uno scopo comune che non fosse in primis economico, ma sociale, nel Progetto di Costituzione confederale Europea ed interna: una vera e propria Carta fondamentale, che però non ebbe mai attuazione.
Che sia finita nel cassetto, che sia stata messa in ombra dal più famoso Manifesto di Ventotene di Spinelli, poco importa. Poco importa perché la profondità dello scritto pretende di essere analizzata, dal punto di vista dei valori e della sorprendente attualità delle proposte, rispetto al più complesso discorso tecnico-giuridico che vi è in alternativa.
È necessario inquadrare il periodo storico: l’opera venne scritta e firmata dai due giuristi nel periodo tra il 1942 e il 1943, in seguito a numerose ed edulcorate riflessioni, durante la guerra, in parallelo con i valori promossi e difesi dalla Resistenza, di cui gli stessi facevano parte.
Purtroppo Galimberti, morto assassinato dopo numerose torture dai repubblichini il mattino del 4 dicembre 1944, non potrà mai affrontare nuovamente il discorso intorno al Progetto.
Il merito di Galimberti e Repaci è quello di aver completamente sorpassato la visione nazionalista e statuale dell’epoca:
Mentre i partigiani e gli Alleati guardavano alla rinascita delle strutture statali, sì completamente riformate e promotrici di altri valori, ma comunque sovrane e indipendenti, gli autori del Progetto rinunciavano alla sovranità statale “piena” in favore della Confederazione Europea, in favore dell’unione definitiva, non dal punto di vista della convivenza delle singole sovranità, ma dal punto di vista della loro coordinazione.
Preme far conoscere alcuni parti del Progetto per via dei valori e delle idee che oggi mancano o sono venuti ad indebolirsi intorno all’obiettivo di realizzare un’Europa coesa, unita e forte dei propri valori. Oggi come oggi il problema riguardante l’Unione è giunto sul crinale, al punto di “vita o di morte” per l’Europa come unità storico-culturale; come già scrivevano nel Progetto
«uno Stato sovrano in Europa tende a divenire, presto o tardi, nazionalista[…]. Sono i secoli di storia intensa e gloriosa che inducono ciascuno Stato ad accampare titoli di superiorità sugli altri.»
il problema di una organizzazione politica continentale «si presenta di estrema urgenza, non solo l’aspetto politico, ma altresì sotto l’aspetto civile e quello economico». La soluzione proposta è quella di una Carta fondamentale unica, con valenza interna rispetto ad ogni Stato: l’eliminazione del principio di non ingerenza è alla base, per poter far sì che gli interessi non facciano prevaricare l’uno sull’altro. Al principio dell’indipendenza si sostituisce quello della autonomia dello Stato, inteso come possibilità di dettar legge a se stesso nei limiti di un ordine più vasto: giuridicamente, vale come eliminazione della sovranità esterna dello Stato.
Lacanna Gabriele