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Guerra in Ucraina: sui social network e nei talk show. Spettacolarizzazione di un conflitto

Tempo di lettura: 7 minuti

 

Vi invito a fare un esperimento: scorrete la bacheca di Instagram, o di Facebook.

 

Se siete fortunati, moralmente in debito con la società dei grandi e l’algoritmo che cura le vostre ricerche ci tiene particolarmente a non farvi fare figuracce con terze parti, mentre affrontate davanti allo spritz congiuntamente la guerra e la vittoria della Kalush Orchestra all’Eurovision, vi capiteranno sott’occhio e sotto mano decine di post in cui soldati ucraini cantano “Stefania” (per i meno studiati, la canzone che ha portato la band ucraina a vincere il contest), Zelenskiy esulta per la vittoria della band, il commentatore tv ucraino trasmette da un bunker, ed altri contenuti di questo tipo.

 

La guerra viene raccontata tutti i giorni attraverso post e video che mostrano o parlano di salvataggi di gatti, premiazioni di cani anti – mine, oltre ad una lunga lista di personaggi (non più persone) che guidavano tram, insegnavano a scuola ed ora sono in trincea.

 

 

“Santificazione” di donne che combattono al fianco degli uomini; da quasi dieci anni le donne curde (e non solo) muoiono in prima linea, nel silenzio e nell’indifferenza dell’Occidente, nella battaglia contro l’Isis e gli estremisti islamici, mentre conosciamo letteralmente per nome e curriculum ormai quasi tutte le donne protagoniste del conflitto russo – ucraino.

Come se non bastasse, le apparizioni del presidente Zelenskiy (non solo nelle sedi istituzionali, ma anche ad eventi come, per ultimo, il Festival di Cannes) vengono proposte di continuo, esasperando il messaggio del presidente ucraino, ormai ripetuto a memoria anche dalle cover dei nostri telefoni. Apparizioni, peraltro, che lo stesso presidente dovrebbe iniziare a soppesare, visto che “il troppo stroppia”: non sappiamo più a quale altro evento possa imbucarsi in formato video, destando un senso di stupore (dovuto) mista a quell’espressione che facevi con tua cuginetta più piccola che faceva scomparire e riapparire la moneta.

 

 

Sembra di assistere non ad un conflitto armato di proporzioni ed importanza notevoli, ma ad un sequel (film o serie, sta a voi decidere) Marvel, sugli Avengers.

 

Il tutto, senza considerare il solito slalom da dover fare per salvarsi da complottisti, negazionisti ed estremisti, di una e dell’altra parte.

 

Ora, niente di male se questi post venissero pubblicati da pagine legate al contest, al mondo musicale, ad associazioni od enti che si occupano di temi particolari (come associazioni ambientaliste o animaliste, nel caso dei gatti salvati) o semplicemente pagine a metà tra l’informazione (intesa non nel senso di mezzo di informazione tradizionale) e le curiosità.

 

Eppure, se questi post vengono pubblicati (in maniera massiccia e sistematica, ogni giorno) da importanti testate nazionali quali “La Stampa”, “la Repubblica”, “il Messaggero”, “il Fatto Quotidiano”, “ANSA” e soci vari, non si inizierebbe ad avvertire quella sensazione tipica del mal di mare, riferita però alla guerra in Ucraina?

 

Niente di male lo stesso.

 

Collegate però il post a colui che decide di esibirlo sulla sua pagina, contestualizzate il tutto.

Non è sbagliato raccontare la guerra attraverso storie che riguardano persone comuni, vicine alla nostra realtà, come non è sbagliato portare alla luce avvenimenti “non ordinari” che possano destare un guizzo di gioia e di sollievo.

È errato, però, costruire la narrazione del conflitto quasi esclusivamente con questo genere di informazioni.

 

Si rischia di ridurre la guerra in un continuum di contenuti condivisibili su stories, “acchiappa – like”, inviabili in direct e su whatsapp per creare scalpore, interesse e, soprattutto, per fare il tifo: la guerra, l’Ucraina ed il suo popolo stanno diventando un brand, una storia, un film, un contenuto.

L’interesse non è diretto al conflitto, che assume così la funzione di sfondo (o movente), ma si concentra sulle piccole cose che toccano le corde del nostro moralismo, dei nostri valori e le sensibilità legate alla nostra società.

Pochi articoli che trattano ed analizzano la guerra per quello che è, spesso riservati agli abbonati; pochi articoli che mostrano una visione d’insieme o che espongono altri ambiti che non siano quelli del “nodo energetico” (e di sfumature ce ne sono tante…); pochi titoli che non siano pubblicati se non per attirare commenti, condivisioni, clickbaiting; pochi articoli di critica lucida. Tanti articoli che parlano di ciò sopra elencato (se non peggio, alle volte).

 

Quale parola è ripetuta? Poco.

Poco in tutto. Scelte editoriali, temi, modalità, personaggi e “penne”.

Poche responsabilità, anche.

Perché queste considerazioni portano inevitabilmente a fare un confronto, tra la situazione attuale del settore, e quello che dovrebbe essere il fine ed il motivo di essere di questo: questo dovrebbe essere un servizio reso al cittadino, per poter aiutarlo a districarsi nella realtà quotidiana, non un servizio di intrattenimento.

 

Nessun quotidiano o settimanale che sia, si prende la responsabilità di affrontare argomenti di questo genere senza per forza creare scalpore attorno, parlandone in maniera obiettiva. Tutto ciò per vendere, con il meccanismo sbagliato: non in nome della qualità e completezza, ma in nome del sensazionalismo.

 

Ciò non è altro che la conferma del crollo qualitativo che il settore dell’informazione in Italia sta subendo: una tragicomica ed infernale caduta nei meandri dell’incapacità. D’altronde, nel Word Press Freedom Index, il nostro BelPaese ha perso ben 17 posizioni rispetto allo scorso anno, sprofondando al 58° posto, per «un peggioramento dovuto all’aumento del “caos informatico” e della disinformazione».

 

 

Per riuscire ad avere una visione d’insieme, per avere una qualche idea su cosa stia succedendo, sul contesto e sulle conseguenze, bisogna obbligatoriamente affidarsi a media “non tradizionali”, non ancora riconosciuti, guardati dai più come oggetti alieni; cito, per esempio, qualche canale YouTube:

  • Nova Lectio;
  • Gio Pizzi;
  • Rick DuFer;
  • Breaking Italy;
  • GeoPop;

oppure, su Instagram:

  • Starting Finance;
  • Geopolitica info;
  • Pagella Politica;
  • Factanza
  • Facta News;
  • GeoPop (di nuovo);
  • Stefano Traverso.

 

Cosa fanno di così speciale? Fanno informazione: cercano di renderla semplice e chiara, senza banalizzarla; selezionano eventi meritevoli di attenzione, che necessitano di essere approfonditi e raccontati, cercando di analizzarne le conseguenze. Raccolgono dati, li contestualizzano, li analizzano e li spiegano. Relazionano le varie analisi tra di loro, incrociandone i risultati per portare ad una visione che si avvicini il più possibile alla completezza.

 

Tutto il contrario di quanto non facciano le testate giornalistiche al giorno d’oggi.

 

Spostiamoci alla TV. Oggi come oggi, tolti i telegiornali, gran parte della discussione politica e dell’approfondimento viene affidata ai salotti, ai “talk show”. Di nuovo, il termine che torna utile, nonostante cambi il palcoscenico ed il modus operandi, è “sensazionalismo”.

 

 

Ospiti selezionati in base allo share e alla pretesa di intrattenere.

 

Ovviamente c’è chi cerca (e talvolta riesce) di costruire momenti di serio approfondimento, o di dialogo / discussione produttiva in merito al conflitto.

 

All’infuori di questi (pochi) eroi dell’informazione, la tendenza è quella di costruire personaggi, creare divisione e spot: frasi prese per verità assolute, incontestabili, che non sono né più ne meno che capolavori della retorica creati ad arte per poter assurgere a massime, nelle discussioni del popolo.

 

Si crea un dibattito, quasi sempre diviso in “si e no”, senza vie di mezzo (a meno che non creino share, in quel caso allora la via di mezzo è perfetta): così facendo, il rischio è di impoverire la narrazione del conflitto, non contestualizzare correttamente eventi e dati, selezionare solamente temi, avvenimenti ed argomenti che possano avvalorare la posizione del personaggio all’interno della discussione e non la trattazione della realtà.

 

Di conseguenza l’attenzione dello spettatore si concentra sul personaggio che, secondo lui, ha ragione o “ha vinto” lo scontro, ed in quale modo (se urlando o sbraitando, o diversamente).

 

E, sempre, paga dazio quello che dovrebbe essere il fine dei programmi di informazione e trattazione.

 

Problema ulteriore della TV, diverso dalla banalità e dal sensazionalismo continuo proposto sui social network, è lo spazio dedicato ai sostenitori della controparte, che talvolta appare molto generoso. Ciò rischia di fornire versioni manipolate e non veritiere a chi ascolta e guarda, specie a chi aspetta magari di trovare una controverità che possa sembrare attendibile e farla propria.

 

Vero è anche il contrario, ossia che impedire alle controparti di spiegare e partecipare al dibattito rischia di cadere nella censura.

 

Non rimane che affidarsi alla lungimiranza dei vari capiredattori, dei conduttori, dei dirigenti delle TV e degli organi di stampa che, comunque, negli ultimi giorni non hanno mostrato molto acume nel rispondere alle accuse mossegli: un esempio è Urbano Cairo, proprietario di “La7”, che sostiene che “gli spettatori non sono dei baluba, e la televisione non è una scatola diabolica che fa il lavaggio del cervello”, dicendo in seguito che comunque (verità) “le aziende editoriali devono vivere di mercato, di copie vendute, di audience, di attenzione ai costi e di buona raccolta pubblicitaria”.

 

A voi le vostre valutazioni: stare dalla parte della libertà (incondizionata e sregolata) di informazione, che si trova a rispondere alle logiche di mercato per trarre un qualche profitto dal prodotto creato, o dalla parte della qualità dell’informazione, a discapito del profitto, ma a sostegno della crescita del cittadino?

 

A noi un “Dove andremo a finire, signora mia!1!!”

Gabriele Lacanna

 

 

 

 

FONTI E SPUNTI

 

WORLD PRESS FREEDOM INDEX: https://rsf.org/en/index

 

LIBERTA’ DI STAMPA IN ITALIA: https://www.agi.it/estero/news/2022-05-03/rsf-su-libert-di-stampa-italia-perde-17-posizioni-16596591/

 

LE PAROLE DI URBANO CAIRO: https://www.ilfoglio.it/televisione/2022/05/13/news/urbano-cairo-la-liberta-e-anche-ospitare-putinisti-e-macchiette-nei-talk–3998910/

 

https://www.ilfoglio.it/televisione/2022/05/03/news/urbano-cairo-e-simpatico-ma-la-sua-tv-fa-spettacolo-di-ogni-lenocinio-putiniano-3963676/

 

I TALK SHOW: https://www.ilpost.it/2022/04/23/talk-show-informazione-ospiti/

 

GUERRA E SOCIAL MEDIA: https://www.key4biz.it/come-cambia-la-guerra-con-i-social-media/394926/

 

 

ALCUNI “CURIOSI” POST SULLA GUERRA:

https://www.instagram.com/p/CdnwtjAqWvc/

https://www.instagram.com/p/Cdnj6kFqg4m/

https://www.instagram.com/p/CdjVDxVovIU/

https://www.instagram.com/p/Ccs-6sgKJGs/

https://www.instagram.com/p/CdkxbgwqLNy/

https://www.instagram.com/p/Cdc8JLzNRdk/

https://www.instagram.com/p/CdQtcLQIdQU/

 

 

i canali YouTube consigliati:

NOVA LECTIO: https://www.youtube.com/c/NovaLectio

GIO PIZZI: https://www.youtube.com/c/GioPizzi

BREAKING ITALY: https://www.youtube.com/user/breakingitaly

GEOPOP: https://www.youtube.com/c/geopop

RICK DUFER: https://www.youtube.com/c/RiccardoDalFerro

 

 

le pagine Instagram consigliate:

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