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il Mondiale della vergogna. Qatar, Blatter ed altre bestie fantastiche: il tripudio del capitalismo

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illustrazione raffigurante i giocatori delle nazionali partecipanti

Influencer, atleti, cantanti e artisti di tutto il mondo stanno invitando i sostenitori delle nazionali partecipanti a boicottare la competizione.
Il boicottaggio è la conseguenza di una serie di scandali emersi nel corso delle ultime settimane di preparativi, dove i media stanno concentrando la loro attenzione, ovviamente, su ciò che è il Qatar.

Qatar che è un Paese senza tradizioni sportive di alcun genere. Eppure, nell’ultimo decennio, è diventato sede stabile di gare di Formula 1, del motomondiale e della SuperBike; degli ATP di Tennis.
Competizioni considerate interamente “occidentali”, per seguito, sponsor ed indotto, tradizione e bacino di utenza. Senza contare gli ideali che promuovono negli ultimi anni queste competizioni: lealtà, unione, integrazione ed inclusione, uguaglianza, rispetto per qualsiasi persona, avversario o compagno che sia.

Eppure, un Paese grande quanto l’Abruzzo, con meno di 3 milioni di abitanti, senza infrastrutture sostenibili e funzionali ad ospitare una manifestazione di tali dimensioni, senza tradizione sportiva di alcun tipo, diventa sede del Mondiale.

Un Paese in cui le violazioni dei diritti umani sono ricorrenti;

Un Paese che applica in maniera rigorosa la sharia, con tutte le conseguenze del caso che non legano agli ideali promossi all’interno della nostra società;

Si va dai divieti di esibire la bandiera (o anche i colori) rappresentanti la comunità LGBTQ+, ai divieti di mostrare in pubblico la propria omosessualità (hanno fatto scalpore le parole, recentissime, dell’ambasciatore Khalid Salman che ritiene gli omosessuali persone malate di mente); le limitazioni alle squadre nazionali ed agli sponsor tecnici con riguardo ai messaggi lanciati attraverso il vestiario e le attrezzature sui diritti umani. La “richiesta” alle federazioni sportive nazionali di invitare i propri giocatori e tecnici a parlare solo ed esclusivamente delle prestazioni e della gara, evitando “sproloqui” in relazioni a diritti umani, civili e sociali.

Un Paese in cui, denuncia il Guardian, sono morti 6500 operai nella costruzione di 8 super stadi (con relative infrastrutture accessorie e complementari) nel deserto, che dopo il Mondiale verranno smantellati.

uno degli otto super – stadi costruiti appositamente per il Mondiale

Un Paese in cui, sempre il Guardian, migliaia di operai vengono “detenuti” in una sorta di sistema di caporalato (detto “kafala”), a centinaia o migliaia di km dalle famiglie, con i documenti requisiti e paghe insufficienti a sfamare anche una sola persona.

operai pakistani al lavoro

Una lista grossolana, ma tanto basta per indignare gli animi di chi desidererebbe seguire la manifestazione. Boicottaggio che comunque risulterebbe inutile, ed anzi dannoso per le economie dei Paesi dell’Occidente: le aziende che investono nell’evento, unite all’indotto che i vari Stati partecipanti contano di realizzare grazie a questo, portano sul taccuino dei conti cifre da capogiro, nell’ordine del centinaio di miliardo di dollari, di cui venti solamente al Qatar.

Mohammed Bin Hammam, la CAF e la FIFA: l’architetto della candidatura qatariota.

L’assegnazione di questo Mondiale – farsa affonda le radici agli inizi del 2000.

Mohammed Bin Hamman è un uomo d’affari molto potente, qatariota. Ha una passione sfrenata per il calcio, e negli anni è giunto a ricoprire la posizione di presidente della Confederazione calcistica asiatica (CAF).

il qatariota Bin Hammam

Bin Hammam è promotore e portavoce della candidatura del Qatar alla corsa delle nazioni in lizza per ospitare la rassegna iridata; è un uomo ricco, rappresentante di un Paese ricchissimo. Per questa sua ambizione, il qatariota è additato da colleghi e giornalisti come un folle, il condottiero della crociata dei pezzenti. Bin Hammam non demorde, ed anzi incrementa lo sforzo per portare il Mondiale in Qatar. Dopo anni negli ambienti dirigenziali europei, dai salotti calcistici, alle sale di regia delle competizioni, alla vicepresidenza della FIFA, assume i comportamenti tipici delle dirigenze europee, quelle spregiudicate che ogni tanto fanno saltare fuori scandali che bruciano milioni, anzi miliardi, di euro.

Il ricco qatariota decide di procedere in questo modo, smobilitando una quantità enorme di denaro per “convincere” i dirigenti delle confederazioni calcistiche, e della FIFA, ad assegnare i mondiali di calcio al Qatar. Nel circuito tutti sono a conoscenza dei favori che un dirigente deve promettere, per vedere accontentate le proprie richieste.

Bin Hammam riesce nel suo intento: i giornali e i media lo rappresentano come un eroe trionfante, ma non potrà goderne a lungo.

L’imprenditore, alla ribalta internazionale, dopo anni di esperienza e dopo il “gioiello” della vittoria della candidatura, ambisce (ingenuamente) a candidarsi alla carica di presidente della FIFA, in mano al potentissimo Joseph Blatter, in corsa per la rielezione. Ed improvvisamente, sorgono voci, documenti e sospetti relativi a corruzione e manipolazioni delle intenzioni di voto.
Dopo poche settimane dall’assegnazione del Mondiale (2 dicembre 2010), nel maggio del 2011, ritira la candidatura alla Presidenza della Federazione; in breve tempo verrà radiato e allontanato dagli ambienti del calcio internazionale.

 

Blatter, Le Roi Michel e «l’insediamento» all’Eliseo della Monarchia qatariota.

Il mondiale: l’occasione utile a salvare l’economia francese

Il rieletto presidente Blatter non aveva tempo, però, per condurre ulteriori valutazioni sull’idoneità del Qatar ad ospitare la competizione (inidoneità evidente).

Sepp Blatter (a sinistra) insieme all’ex stella della Juventus Michel Platini (a destra)

Un altro dirigente, il presidente della Uefa ed ex stella del calcio giocato Michel Platini, si fa strada nel panorama europeo mettendo nel mirino proprio quella seggiola da presidente della FIFA a cui Blatter tiene moltissimo.

Platini che, da ex agonista e professionista, uomo abituato a vincere, incantare le folle e stupire, decide di curare i suoi affari ad un certo livello di spettacolarità, partecipando a due incontri: ad una colazione con lo stesso Bin Hammam segue una cena il 23 novembre 2010 (pochi giorni prima della votazione per l’assegnazione del Mondiale), all’Eliseo, con nientemeno che Nicolas Sarkozy nelle vesti di padrone di casa, primo interessato ad un’assegnazione al Qatar della rassegna più importante del calcio mondiale.

Sul piatto, tra gli emissari qatarioti guidati dal principe ereditario Tamim bin Khalifa Al Thani (oggi emiro), e Le Roi, spalleggiato dal Presidente francese, l’accordo sul Mondiale 2022, l’acquisizione da parte di al-Jazeera dei diritti tv del campionato francese, una flotta di 24 jet da combattimento Dassault Rafale (valore 7 miliardi di dollari) e lo sbarco della Qatar Sports Investments alla guida del Paris Saint Germain.

Era la disperata mossa di un Sarkozy in crisi come l’economia francese: “Sepp, ho un problema e se ce l’ho io ce l’hai anche tu. Sarkozy mi ha chiesto di votare per il Qatar e mi ha detto che anche i miei amici devono andare in quella direzione”. Questo quanto dichiarato da Platini, secondo Blatter, in una telefonata intercorsa tra i due.

il raggiante Sarkozy, al termine di uno dei molti incontri con rappresentanti della monarchia qatariota

Guardando a come stanno oggi le cose, con il PSG in mano ai qatarioti diventato una potenza del calcio europeo in barba a qualsiasi regola finanziaria, la pay tv sportiva francese di proprietà qatariota, e lo stesso Mondiale nella penisola araba, si potrebbe dire che i cuochi dell’Eliseo quella sera fossero particolarmente in forma. Una cena perfetta.

Cena che porta ad un dessert sostanzioso: a febbraio 2011 (cioè due mesi dopo il voto del comitato esecutivo Fifa) viene saldata a Platini dalla Fifa una stramba consulenza da 2 milioni di franchi svizzeri concordata nel 2002.

Quando viene all’attenzione dei media la consulenza saldata in ritardo di 9 anni? Esattamente nel 2015, quando Platini, consolidatosi alla guida del calcio mondiale, dovrebbe correre per la presidenza della FIFA in seguito alle dimissioni di Blatter, al centro di una bufera riguardante, strano ma vero, la corruzione all’interno dell’esecutivo. Presidenza che non assumerà mai, in seguito alle accuse e alla radiazione.

I due dinosauri del calcio mondiale crollano, in seguito ad un blitz nella sede svizzera della FIFA guidato dal procuratore generale del tribunale penale federale svizzero Michael Lauber, coadiuvato dalla collega statunitense Loretta Lynch.

Gianni Infantino: delfino di Platini e delfino della monarchia qatariota.

Nel 2016, a diventare presidente della FIFA è l’avvocato italo – svizzero Gianni Infantino.

l’attuale presidente Gianni Infantino, anche lui al centro di indagini per corruzione

Anche qui le zone d’ombra e di ambiguità si fanno numerose ed importanti: Infantino diventa presidente grazie al blitz della procura generale di Zurigo, del 27 maggio 2015, che decapita de facto la FIFA costringendo alle dimissioni Blatter, togliendo di mezzo Platini e perciò spianando la strada al primo.

Il procuratore generale elvetico Michael Lauber godrà di rinnovato interesse da parte della ribalta internazionale nel 2019, quando emergeranno tre incontri, avvenuti nell’esercizio delle funzioni (e quindi, secondo il regolamento di procedura, soggetti all’obbligo di essere catalogati) e non registrati, tra il 2016 e il 2017.

Incontri che, è emerso, hanno avuto come interlocutore lo stesso Infantino, ciò che potrebbe far seriamente dubitare dell’imparzialità del procuratore generale, specie se si prende ad esame un quarto incontro, avvenuto nel 2015, con un uomo vicino allo stesso neo presidente, nel periodo compreso tra le dimissioni di Blatter e la rivelazione della consulenza pagata a Platini che mette il medesimo fuori gioco.

Ma Gianni Infantino non ha finito di stupirci: da segretario della UEFA, nella gestione della questione riguardante l’applicazione del fair play finanziario ai club del PSG e del Manchester City, si rivela particolarmente “gentile”, soprattutto se messo a confronto con l’applicazione dello stesso istituto ad altri club (ad esempio, quelli italiani: Juventus, Inter e Milan).
I due club, PSG e City, hanno in comune il fatto di essere interamente di proprietà degli emiri.
Coincidenze?

Assolti magicamente dalle accuse di corruzione, sia Blatter che Platini, il primo riconosce, dopo 12 anni, “che assegnare il Mondiale al Qatar è stato un errore”. Il secondo si è defilato, senza risparmiare parole al veleno nei confronti del presidente Infantino.
Infantino che, per via delle decisioni della FIFA sotto la sua guida, è messo sotto inchiesta dalla magistratura elvetica. Assediato dagli ex presidenti, dalla magistratura e dai giornali, ha cercato un posto dove rifugiarsi dal caos, spostando la residenza sua e dei suoi familiari.
Dove? In Qatar, ovviamente (e no, non è uno scherzo). Da cui invita calciatori, staff e in generale le spedizioni delle varie nazionali ad occuparsi di fare quello per cui sono pagati: giocare ed intrattenere la gente. Ai diritti civili, sociali e politici ci pensa lui. In accordo con le linee guida del governo qatariota.

Questo è ciò che vogliamo come manifesto del nostro sport? “il calcio è popolo; il popolo è potere”, e il potere non vede ragione davanti al valore della moneta. Nemmeno se, in gioco, vi è la credibilità di una cultura e di un sistema che, ancora una volta, si piega in maniera ridicola e impietosa, con “unica” contropartita il pagamento di un prezzo.

Una società in cui tutto ha un prezzo.

Le idee in cui crediamo, poste a fondamento della nostra società, vengono svendute lasciando come unica sostanza di questa esasperata corsa al miglior offerente, all’interesse, al guadagno, la morte di migliaia di persone, sacrificate come animali, per permettere lo spettacolo con cui mascherare questo scempio.

Gabriele Lacanna

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