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I’M NOT BLACK, BUT…

Tempo di lettura: 3 minuti

Di fronte a tutto ciò che ci circonda e che, a volte, colpisce la nostra vita così inaspettatamente e violentemente, diventa davvero necessario tornare ad essere, vivere qualche istante delle nostre giornate come se fossimo innocui e innocenti bambini, imparando nuovamente a guardare il mondo attraverso quegli occhi incredibilmente luminosi e curiosi.

Proprio per questo oggi ho deciso di raccontarvi una bella favola, una di quelle che ci cullava dolcemente tra le soffici coperte di un letto e la voce di una mamma o di un papà, colma di tanta verità e tanto affetto.

Ora, però, non perdiamo troppo tempo… Cominciamo.

 

C’era una volta, neanche tanto tempo fa se vogliamo essere completamente sinceri, un bambino che, ogni singolo giorno della sua vita, aveva la grande fortuna di poter respirare, tra le quattro mura di casa, un’aria felice, fatta di tanto amore e di tanta bella musica, tra il dolce pianoforte di papà e il canto melodioso di mamma.

Un piccolo uomo che, anno dopo anno, giorno dopo giorno, continuava a coltivare la sua passione ininterrottamente, tuffandosi a capofitto nello studio ma, sempre e comunque, continuando a sognare in grande, oltre qualsiasi barriera, limite od ostacolo: un immenso palcoscenico, davanti a una miriade di persone pronte a gridare il tuo nome a voce alta e a cantare le tue canzoni, dal primo energico accordo di una chitarra fino all’ultima dolce nota di un pianoforte.

E, dopo tanti anni di sudore e fatica, quel ragazzo ce la fa, riesce finalmente raggiunge il suo obiettivo: tanto successo, una felicità che ripaga tutto il sudore e la fatica, e la sua musica fa ben presto il giro del mondo…

Ma, in tutte le favole, c’è sempre un lupo cattivo pronto a divorarti, ad attaccarti sul più bello: Prince sente che c’è qualcosa che non va, ma non riesce a capirne il vero motivo…

Continua a porsi la stessa domanda più e più volte … ma senza mai trovarvi una vera e propria risposta chiara, lucida, razionale.

 

“Cos’ha la mia pelle che non va?”

Cerchiamo di trovare questa risposta benedetta, una volta per tutte.

Basteranno davvero pochi secondi, ve lo posso assicurare: cercate una sua immagine su Internet oppure osservate dritto negli occhi quel bambino in quella foto con cui ho deciso di aprire questo articolo.

Ebbene, a ben vedere… possiamo intravedere delle piccole imperfezioni: niente di grave, per carità… Come dice mia nonna, in fin dei conti, tutto si può risolvere mangiando meno dolci dopo pranzo, cari amici miei, e tutto, persino quel brufolo enorme che vi è comparso sulla fronte, scomparirà, tornerà alla normalità.

 

Ecco: normale.

Normale come bere un bicchiere d’acqua.                                                                             Normale come svegliarsi la mattina con il desiderio, ovviamente, di fare assolutamente nulla.                              
Normale come, per un italiano, mangiare la pasta trenta volte a settimana.                           E normale come mangiare fish and chips trenta volte a settimana per un inglese.

Normale, purtroppo, come il razzismo di oggi. È inutile negarlo, è assolutamente inutile.

 

Razzismo: quello che la grande ed illustre enciclopedia nazionale della Treccani definisce come

Concezione fondata sul presupposto che esistano razze umane biologicamente e storicamente superiori ad altre razze, alla base di una prassi politica volta, con discriminazioni e persecuzioni, a garantire la ‘purezza’ e il predominio della ‘razza superiore’ “.

Diciamocelo: i dizionari si dimenticano sempre di dire tutta la sacrosanta verità su quella che è la realtà che ci circonda e sta a noi, al nostro personalissimo pensiero, riempire queste definizioni parziali.

Per esempio, nella mia visione personale, in questa spiegazione mancano concetti, idee come VIOLENZA, NEGAZIONE DEI DIRITTI, DISUGUAGLIANZA, PAURA DELLA DIFFERENZA E DEL “DIVERSO”, VIRUS ESTREMAMENTE CONTAGIOSO, REGRESSIONE DELL’ UMANITÀ’… Non basterebbe un solo giorno per dire tutto quello che vorrei esprimere.

Ma, permettetemi di aggiungere alcuni punti fondamentali che molto spesso vengono descritti come numeri inutili, senza significato o valore: Freddie Gray, Dana Martin, William Green, Breonna Taylor, Jamar Clark, Frankie Perkins, Antwan Rose, e molti “altri”: persone, anime con nome, cognome, famiglia, sentimenti, proprio come noi… La vita gli è stata privata loro senza alcun motivo, dal nulla.

Hanno cercato di fare la loro parte, ed ora tocca a noi non dimenticarli.

Ora tocca a ognuno di noi fare la differenza.

 

I’M NOT BLACK BUT I SEE YOU. I’M NOT BLACK, BUT I HEAR YOU. I’M NOT BLACK BUT I MOURN WITH YOU. I’M NOT BLACK BUT I FIGHT WITH YOU.

Marianna Ballestra

 

 

 

 

 

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