Azione e pensiero sono da sempre considerati un binomio inscindibile, ma col tempo il pensiero è stato privilegiato, a tal punto che la civiltà del XXI secolo è una civiltà di pensatori incapaci di agire, di passare all’azione e determinare il corso della storia.
È chiaro invece come l’azione risulti più importante del pensiero, specialmente per quanto riguarda la dialettica della storia, che altrimenti rischia di rimanere paralizzata in una drammatica staticità, proprio come accade nella nostra epoca, la storia del duemila infatti, priva di azione, così teoretica, si è appiattita come tutto il resto, seguendo il destino della cultura, della morale e degli stessi individui. Il nostro tempo, privo di qualsiasi dinamicità, è caratterizzato da un costante fluire di pensieri che non assumono mai la concretezza dell’azione e che si perdono nell’oblio delle utopie, togliendo alla società qualsiasi possibilità di una progressione e in un certo senso anche qualsiasi possibilità di salvezza, perché se non avviene un’azione concreta, quest’epoca sarà l’inizio della fine.
Ora ci si deve domandare prima di tutto chi sono i protagonisti e chi gli antagonisti, chi deve assumersi la responsabilità storica e morale si salvare questo mondo dal disastro?
Bisogna poi chiedersi quale sia questa azione da compiere, in che modo deve essere attuata?
Andando con ordine cerchiamo di rispondere alla prima domanda: i protagonisti sono necessariamente i giovani, quella generazione nata alla fine del vecchio millennio e agli inizi di quello nuovo, che oggi ha una coscienza di sé abbastanza sviluppata da rendersi conto della deriva della nostra civiltà.
A svolgere invece il ruolo di antagonista in questa vicenda è la generazione dei vecchi, quella generazione nata tra gli anni cinquanta e sessanta del XX secolo, che ha governato ignorando i danni fatti dalla generazione a loro precedente, senza pensare ad una soluzione, e che oggi ignora totalmente la necessità di progresso, di libertà che la storia reclama.
Dunque i due poli di questa dialettica non possono essere più i borghesi e i proletari, come prevedeva la dialettica marxista, bensì i giovani e i vecchi in uno scontro tra generazioni, che deve essere fatto. La vecchia generazione non ha alcun interesse per il progresso, la cultura, non bada alle tematiche più urgenti come quelle ambientali o dei diritti umani, sta lasciando collassare i settori più importanti della società, come l’istruzione e la sanità, ci sta lasciando un mondo in decadimento e noi non possiamo e soprattutto non dobbiamo aspettare il ricambio generazionale, sarebbe troppo tardi, a quel punto saremo già nel baratro.
Trattiamo ora la seconda questione, occorre spezzare le catene e anche alla svelta, con un’azione che generi uno strappo nella staticità del nostro tempo e l’unico modo possibile è una rivoluzione, un nuovo 68′ che necessariamente deve essere violento, drastico perché la vecchia generazione non abbandonerà mai volontariamente le sue posizioni.
Questa rivoluzione deve sovvertire tutta quella struttura ideologica conservatrice, deve condurre, modificando le parole di Marx, ad una “dittatura dei giovani”, dove i giovani non saranno tiranni, perché la tirannia è un concetto del vecchio sistema ideologico, ma saranno delle guide per le generazioni che verranno ancora dopo.
Il fulcro di questa rivoluzione deve essere una nuova cultura, diversa da quella attuale, una cultura che supporti un nuovo sistema di valori, incentrato principalmente sul rispetto dell’ambiente e della libertà di essere di ogni individuo, ma anche ateo, quindi libero dai pregiudizi delle religioni, e scientifico, che riesca in maniera definitiva ad emancipare l’uomo dalla natura, ma senza trasformarlo in un tiranno, bensì in un alleato.
Per propagare questa cultura però non va bene l’attuale sistema scolastico, ma bisogna usare l’arma più potente di quest’epoca: internet e in particolar modo i social network, spesso tacciati di essere strumenti di frivolezza, sono un forte strumento di propaganda e diffusione di ideali, specialmente per le nuove generazioni.
Questa rivoluzione deve prima di tutto essere una rivoluzione culturale, deve strappare sempre più individui dal giogo della vecchia generazione e poi deve assumere i caratteri di una lotta di classe, fino a sfociare in una vera e propria presa di potere dei giovani, partendo dalle università e dalle scuole, per poi propagarsi alle industrie e ai servizi, fino ad arrivare alla politica.
Il nuovo mondo che verrà fuori da questa “guerra” sarà certamente un mondo migliore, un mondo più stabile ma allo stesso tempo dinamico, dove la storia potrà continuare il suo continuo progredire fino a portare l’uomo a diventare qualcosa di diverso da come è sempre stato, un uomo veramente consapevole, privo di timori e soprattutto veramente libero. Dal collasso delle vecchie istituzioni nascerà un nuovo tipo di Stato, uno Stato impegnato a lottare con e per i suoi cittadini, per renderli veramente uguali, senza discriminazioni.
Nutro profonde speranze nella possibilità di attuare questa rivoluzione, abbiamo ancora del tempo, ma è poco, siamo sempre più vicini al punto di non ritorno, se non ci sbrighiamo presto non avremo più nulla per cui lottare, la vecchia generazione ci lascerà in eredità un mondo in crisi, arido e morente.
Invito tutti coloro che leggeranno questo articolo a dare inizio alla rivoluzione, partendo da una piccola azione, la diffusione di questi ideali, la costruzione di questa cultura, che porti ad un pensiero che sia in grado di attecchire e che si possa trasformare in azione, una grande azione collettiva per spingere l’umanità oltre se stessa, oltre questi limiti apparenti che ci sono stati imposti da questa generazione di vecchi.
Concludo questo articolo con due premesse, prima di tutto chiarendo che la polarizzazione utilizzata non va intesa in maniera assoluta, perché la realtà non è composta di luce e oscurità, ma anche di chiaroscuro.
Con la seconda premessa intendo chiarire che questo articolo non ha come scopo quello di incitare alla violenza generalizzata, ma prima di tutto vuole muovere le coscienze.
In ogni caso il mondo dei giovani sarà migliore, ma dobbiamo costruirlo noi.
Mattia Serdino