È il 18 luglio del 1998 quando in Giappone esce il film “Mewtwo colpisce ancora”, il primo del celebre marchio Pokémon, che arriverà in occidente nel 1999, prima negli Stati Uniti e poi nel 2000 in Italia, un normalissimo film destinato principalmente ad un pubblico di bambini, che contiene nascoste nella sua trama alcune profonde riflessioni e quesiti riguardanti l’esistenza. Ora la domanda sorge spontanea: in che modo un prodotto destinato ai bambini si ritrova immerso in simili riflessioni?
Analizziamo prima di tutto la trama, il film racconta del pokémon Mewtwo, creato in laboratorio dalla clonazione del DNA di un altro pokémon di nome Mew, per diventare il pokémon più forte di sempre. Tuttavia Mewtwo si rende presto conto di essere uno strumento nelle mani degli umani e si ribella alla loro volontà, usando i suoi poteri psichici per fuggire dalla sua prigionia. Deciso a vendicarsi contro gli essere umani si rifugia su di un’isola, convocando i migliori allenatori di pokèmon e facendoli combattere contro i cloni che lui stesso ha creato. Ingaggiando una gigantesca battaglia tra copie e pokèmon originali e combattendo lui stesso contro Mew, che interviene per cercare di fermare il massacro.
In tutta la storia il personaggio di Mewtwo appare come una figura estremamente tormentata da domande esistenziali, interrogativi molto profondi come: Chi sono io? Perchè sono qui? Qual è il senso della mia vita? Cosa è giusto e cos’è sbagliato? Il pokémon si pone questi interrogativi fin dall’inizio del film, tuttavia non è possibile comprenderne l’origine senza aver visto il cortometraggio di dieci minuti “la storia sull’origine di Mewtwo” trasmesso prima del film, ma solamente in Giappone, mentre in occidente è stato censurato. In questo corto si vede un piccolo Mewtwo interagire telepaticamente con altri cloni di pokèmon e di una bambina, chiamata Amber, clone della figlia ormai deceduta del capo scienziato del progetto. In questa condizione Amber mostra ai cloni dei pokémon un ricordo della sua vita passata, mostrandogli elementi della sua vita quotidiana, ma ad un certo punto tutti i cloni iniziano a svanire. Purtroppo nemmeno il clone di Amber riesce a sopravvivere e il piccolo Mewtwo rimane solo, iniziando a chiederesi il motivo per il quale a lui si stato concesso di vivere e agli altri no, in preda allo sconforto e alla paura Mewtwo manifesta i primi segnali dei suoi straordinari poteri psichici e per questo viene sedato dagli scienziati, dimenticando parte di quella esperienza, ma mantenendo frammenti di ricordi.
Dunque nascosti all’interno del film ci sono dei messaggi che non sono adatti ad un pubblico di bambini, incarnati dalla figura di eccezionale spessore di Mewtwo, che si ritrova catapultato nel mondo senza sapere perché, senza capire quale sia il suo ruolo e per quale motivo abbia ricevuto il dono della vita. Mewtwo diventa quasi umano nella sua caratterizzazione psicologica, riflette perfettamente la condizione esistenziale dell’essere umano, dell’uomo che si sente perso, è trafitto dall’angoscia. La risposta emotiva del pokémon è di rabbia, rabbia verso gli uomini che lo hanno creato, così tanto da trasformarsi in vendetta e da trasformare Mewtwo in carnefice, al pari degli scienziati che lo hanno creato.
Le domande sulla vita che il pokèmon si pone durante il film sono dunque le stesse che caratterizzano l’essere umano e che possono benissimo essere colte da un pubblico adulto, ma forse la domanda principale, capace di raccogliere in essa tutte le altre, è: qual è il senso della vita? Questa è la domanda fondamentale per la filosofia, ed anche in parte per la scienza, una domanda delicata alla quale non può esserci una risposta oggettiva.
Il senso della vita è un quesito che grava sulla coscienza di ogni essere umano, nessuno è esente dall’essersi domandato il perché di tutto quello che esiste, tuttavia a questa domanda, nonostante i tentativi più disparati dei filosofi nel corso del tempo, non può che corrispondere una visione soggettiva. La vita assume un significato soltanto relativo in base alla persona che la analizza, il nostro desiderio di uscire dall’ignoranza, che accomuna ogni uomo, deve fare i conti con la nostra incapacità di avere una visione totale della realtà, con la limitatezza della ragione umana. Dunque ogni uomo può avere solo una risposta parziale e soggettiva, ed è così anche per Mewtwo, il quale solo alla fine del film comprende che non esiste una risposta che possa soddisfare a pieno le sue domande, ma riesce comunque trovare un senso
alla sua vita.
Ed è così che alla fine del film Mewtwo, dopo aver compreso il senso della sua vita, esordisce con queste parole:«Il modo in cui si viene al mondo è irrilevante, è quello che fai del dono della vita
che stabilisce chi sei.» con questa frase, all’apparenza banale, ma che nasconde una profonda verità, Mewtwo ci fa capire che ora ha scoperto il suo posto nel mondo e che la sua angoscia, trasformata in rabbia, è del tutto svanita. Solo alla fine di un lungo percorso si può arrivare ad una risposta valida per se stessi, Mewtwo non ha risposto alla mie domande e non risponderà nemmeno alle vostre, ma alla fine ha scoperto la sua verità.
Mattia Serdino