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PANDEMIA: inaspettati cambiamenti positivi

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Da un anno a questa parte, l’incertezza è diventata prassi. Ci siamo abituati ai continui e improvvisi cambiamenti che talvolta hanno stravolto e non poco la nostra vita quotidiana.

D’altronde, il Covid-19 non annuncia i suoi piani e di conseguenza siamo costretti ad adeguarci.

Winston Churchill disse: “Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare”; se la prima parte della frase sembra ormai condivisa da tutti (il cambiamento “pandemia” non è stato foriero di grandi miglioramenti), sulla seconda c’è da lavorare.

Una volta finita questa pagina “particolare” della nostra storia, dovremo uscirne maturati, dovremo migliorare e per farlo potrebbe essere utile tenere a mente tutti quei cambiamenti che l’anno appena passato ci ha imposto, continuando a praticarli.

In altri termini, sotto gli occhi di tutti ci sono molti motivi seri e semiseri per reputare proficuo questo periodo, di seguito alcuni:

  1. Molti hanno imparato a cucinare. Sembra banale ma il lockdown ha insegnato a tante persone le basi della cucina che, volenti o nolenti, serviranno nel corso della vita. Uno studente universitario, per esempio, ha avuto l’occasione di apprendere nuove ricette da alternare alla sempreverde pasta con tonno e parmigiano. È una magra consolazione, certo, ma pur sempre una consolazione; un piccolo miglioramento derivato da un cambiamento.
  2. Molti genitori si sono resi conto (finalmente) che tablet, cellulari, computer, strumenti che credevano essere utilizzati dai loro figli per giocare ai videogames e “rincoglionirsi”, possono avere un’utilità non indifferente per far fronte a situazioni difficili. L’esempio della didattica a distanza è particolarmente cogente: quello stesso apparecchio del demonio che, agli occhi dei genitori, distraeva il proprio pargolo, ora viene considerato strumento essenziale seguire lezioni, fare ricerche e scrivere temi. La diminuzione della retorica “il cellulare fa male” non è forse un miglioramento per molte famiglie?
  3. Imparare l’abc del mondo informatico. Questo punto forse riguarderà maggiormente coloro che sono nati quando si diceva “fuseaux” e non “leggins”. Quanti insegnanti, prima della dad, sapevano organizzare riunioni su Zoom o Webex? Quanti erano in grado di risolvere i problemi di connessione e di caricare cartelle condivise su Drive? Ora quasi tutti sono in grado di farlo. Con non poche difficoltà, insegnanti, presidi e studenti hanno avuto l’occasione di acquisire delle conoscenze informatiche che difficilmente avrebbero imparato in condizioni normali. Riflettendo, non si potrebbe forse vedere questa situazione come un’occasione, per tutti, di tenere il passo con la rivoluzione tecnologica in atto? I cosiddetti “boomers” non potrebbero sfruttare le circostanze per colmare la distanza che dall’avvento di Internet li separa dalle nuove generazioni?

Inoltre, tutti gli insegnanti che lamentavano l’inutilità dei corsi di aggiornamento riguardo a programmi e strumenti digitali, adesso possono finalmente mettere in pratica le competenze acquisite in queste noiose ore di formazione. Un altro piccolo miglioramento derivato dalla variazione delle nostre abitudini.

  1. Essere sempre informati. Quanti di noi, in occasione di un decreto governativo, sono andati leggere il giornale per cercare dei chiarimenti? A volte si aveva bisogno di sapere se tornare al lavoro, altre volte era da chiarire il significato di un termine (il famoso “congiunto” ad esempio), altre ancora si voleva semplicemente essere aggiornati sul numero dei contagi.

Sta di fatto che una grossa fetta di popolazione ha cominciato a fare quella che, di questi tempi, sembra un’attività ormai in disuso: leggere.

Poco importa se si tratta di quotidiani, riviste o libri. La lettura, anche di un solo trafiletto che specifica cosa si intende per “affetti stabili”, è stata aumentata dalla pandemia. Non è forse un aspetto positivo essere stati costretti a tenerci informati?

In futuro, cambiare la routine e introdurre più lettura nelle nostre giornate, non ci potrebbe portare a migliorare?

  1. Conoscerci meglio. Sembra paradossale, ma talvolta, per conoscere meglio se stessi o un’altra persona, bisogna variare le distanze con cui ci si relaziona. Variare significa sia diminuire che aumentare, ed è proprio quello che le restrizioni sanitarie stanno obbligando a fare. Restare a casa offre la possibilità di entrare in contatto con se stessi, conoscere le proprie debolezze. Alcuni hanno realizzato che avere il proprio genitore/figlio sempre in casa non è poi così piacevole come poteva sembrare prima della convivenza forzata. Molte tensioni familiari sono venute a galla. Tanti genitori si sono dimostrati inadeguati e altrettanti figli hanno manifestato una marcata insofferenza.

Si sono scoperte difficoltà non solo psicologiche (e di queste si parla continuamente sui giornali e nei dibattiti), ma anche materiali, pratiche. Come ci si è organizzati con il lavoro a distanza? Come si è strutturata una giornata di studio sapendo di avere moltissime distrazioni a portata di mano? In questo caso, cosa si è fatto per eliminarle?

Più avanti, potrebbe essere utile applicare questi piccoli accorgimenti alla nostra routine, per cambiarla e magari migliorarla.

Dover avere una certa distanza tra noi e gli altri ci obbliga a riflettere sulla qualità delle nostre relazioni: “quella persona è la stessa quando siamo distanti?”, “Sento la mancanza di quelle persone quando sono separato da loro?” sono questioni che la situazione attuale ci ha obbligato e ci obbligherà ad affrontare. Che sia l’occasione per lasciarci alle spalle una relazione tossica? Detto altrimenti, per mettere in moto un miglioramento, in alcuni casi, non bisogna prima innescare un cambiamento?

 

Nessuno può cambiare il corso degli eventi e cancellare con un click l’evento “pandemia” dal calendario mondiale. Tutti, però, possono provare a cogliere i pochi lasciti positivi che sta seminando questa situazione. Non abbandoniamo le sane e necessarie abitudini adottate in pandemia, neanche in futuro quando, in assenza del virus, saranno divenute inutili.

 

Sandro Marotta

 

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