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Semiotica del discorso di Giorgia Meloni in Andalusia, ovvero come l’accostamento di valori crea una fiaba dove il bene lotta contro il male

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Ha fatto molto discutere il discorso di Giorgia Meloni pronunciato qualche mese fa a Marbella, in Spagna, per sostenere la candidatura di Macarena Olona alla presidenza dell’Andalusia.

 

In questo articolo si analizzerà la struttura narrativa del discorso, mostrando come la leader di Fratelli d’Italia utilizzi l’accostamento di due concetti (condensati in singole parole) per valorizzare, tramite la differenza, la propria posizione; si mostrerà inoltre come si possa applicare uno schema narrativo estremamente semplice per sintetizzare questioni complesse, riducendo queste ultime così a storie manichee dove il bene lotta contro il male (che ricorda la struttura delle fiabe studiate da Propp). In questa sede non si prenderanno in considerazione valutazioni strettamente politiche, salvo nella conclusione; va detto però che, se è vero che gli strumenti che si utilizzeranno non sono di natura politologica, ma semiotica, è vero anche che coloro che li utilizzano, come dice Massimo Leone, “devono mettere la loro metodologia al servizio della consapevolezza pubblica.” (Leone, Massimo (2016) “Fondamentalismo, anomia, complotto. La semiotica di Umberto Eco contro l’irragionevolezza interpretativa”. Lexia 23-24: 55-67.)

 

In questo spezzone dell’intervento (https://youtu.be/jMad7nLO3OM, fonte: Corriere della Sera), Meloni inizia subito con una formula che sintetizza l’intero schema narrativo del discorso: “Non esiste mediazione possibile: o si dice sì o si dice no”.

 

Assumendo il ruolo di sanzionatrice e destinante, la leader anticipa il regime narrativo che verrà utilizzato per tutto il discorso e che sarà composto da continue opposizioni di valori, elemento che già Greimas (Del senso vol. II, Bompiani, Milano, 1970) aveva individuato come il cuore del percorso generativo del senso. Ed è proprio il senso del discorso della leader di FdI che è interessante studiare.

 

Per Greimas, infatti, alla base di ogni storia ci sono opposizioni di valori o interi sistemi di valori. Nel corso della narrazione, l’autore mette in campo una serie di vicende che mostrano come alcuni siano positivi ed altri negativi, spiegando poi il perché della scelta. I valori, nel percorso di progressivo arricchimento del senso, si trasformano in attanti, temi, icone e, infine, in segni concreti. In questo caso, tuttavia, la semantica fondamentale (i valori appunto) sembra prendere subito la forma dei temi ed è per questo che si utilizzerà questo termine.

 

Il discorso della leader di FdI inizia proprio con la chiave di lettura – un codice semiotico – per interpretare le opposizioni che di lì a poco elencherà: o sì o no, cioè “o con me che credo in quei valori accostati al sì o contro di me, se ti riconosci in quelli a cui accosto il no”. In altri termini, alla sequenza di temi (che stanno per i valori) introdotti, la Meloni applica una categoria ideologica che accoppia alcuni elementi “equisimili” e li differenzia da altri, creando in pochi secondi un sistema assiologico.

 

L’opposizione binaria, oltre ad essere una strategia cognitivamente economica, è efficace anche per farci emozionare e infatti, al netto delle posizioni politiche e del tono concitato della leader, non si può negare che il discorso genera un certo trasporto. 

 

Un racconto infatti ci emoziona perché i progetti o i valori di un determinato personaggio sono contrastati da qualcuno o qualcosa. Ciò che emerge nel discorso della Meloni sono una serie di temi, valori o stati di cose (l’identità sessuale, la cultura della vita, i valori della cristianità) minacciati da altri, connotati negativamente (l’ideologia gender, la presunta esaltazione della morte, la violenza islamista). Si tratta insomma dell’opposizione greimasiana di soggetto e antisoggetto, che fa desiderare un oggetto che, proprio a causa di questa contesa, assume un valore. 

 

Il sì e il no all’inizio di ciascuna coppia, inoltre, non è l’unico modo utilizzato dalla leader per connotare il termine in questione come positivo o negativo. Le categorie timiche di euforia e disforia – che corrispondono all’alterazione del nostro umore in senso positivo o negativo – sono applicate anche attraverso la giustapposizione di termini all’interno di ciascuna coppia. Per essere chiari: il termine “naturale” è associato alla famiglia, mentre “lobby” (che connotativamente e culturalmente è un artificio, una pratica losca e macchinosa) è usato in associazione al mondo LGBT. “Identità”, associato a “sessuale”, è considerato un termine che rimanda a qualcosa di puro, sincero, e infatti è contrapposto a “Ideologia”, associato a sua volta a “genere”, codificato come qualcosa di artificiale e mistificatorio. La connotazione dunque passa anche per gli accostamenti semantici all’interno di ciascun binomio.

 

Ma al di là delle opposizioni, sono i valori di fondo che costituiscono da soli una microstoria. Come dice Guido Ferraro, “Le unità di pensiero, concetti o altro, non possono esistere se non in quanto significati collocati all’interno di un’entità semiotica. […] Noi pensiamo attraverso i segni.” 

 

Ne consegue che “Gli elementi primi collocati alla base di una costruzione narrativa (i valori appunto)” devono essere intese come “strutture, per quanto semplici, già pienamente narrative e già pienamente semiotiche.” (Ferraro, G. (2015). Teorie della narrazione: dai racconti tradizionali all’odierno “storytelling”. Carocci)

 

Per questa ragione, quando sentiamo “Sì ai valori della croce, no alla violenza islamista” in noi si attivano una serie di frame riguardo a questa opposizione che ci fanno immaginare una situazione potenzialmente narrativa; un racconto di questo genere: un gruppo di individui dediti alla preghiera, davanti a una croce, sono minacciati da un uomo con il volto coperto che si fa saltare in aria. Il discorso politico – come qualsiasi discorso – sa bene che non possiamo fare a meno di calare i valori in circostanze concrete, riempiendo così gli spazi “bianchi” presenti all’interno del testo. Conta cioè sul nostro principio di cooperazione (Eco, U. 1982. Lector in fabula) al di là del nostro giudizio di valore, e anche per questo che, anche se non siamo d’accordo con l’ideologia meloniana, non possiamo fare a meno di provare un certo grado di coinvolgimento, sia in senso euforico che disforico. Di più: le opposizioni di temi sono intrinsecamente narrative anche perché sono disposte su una linea temporale, che in questo caso è implicita e riguarda la loro realizzazione da qui a quattro anni (il tempo di una legislatura). In altri termini: oltre ad articolare le opposizioni tematiche e valoriali in microstorie, la leader conta anche sulla nostra capacità di virtualizzare il suo programma elettorale. Elemento, questo, che costruiamo sulla base delle storie che più frequentemente ascoltiamo e produciamo; si potrebbe dire che costruiamo, sul momento, basandoci sul “senso comune”.

 

Il discorso della leader romana si configura quindi – dal punto di vista analitico e semiotico prima ancora che politico – come una sintesi dei suoi codici di lettura del mondo, che prende la forma tematica (Greimas, op. cit.) di un racconto composto da diverse scene, ognuna delle quali caratterizzate dall’opposizione amico-nemico, salvezza-minaccia, bene-male.

 

Tuttavia, se l’opposizione di valori illustrata rappresenta l’efficacia e la fortuna del discorso della leader, nella parte finale si può rilevare una contraddizione. In una dei primi binomi sì/no (sì alla sovranità dei popoli/no ai burocrati di Bruxelles), si era messo in discorso il valore del nazionalismo e dell’identità nazionale unica, mostrandolo come il valore contrario all’europeismo; tuttavia nella frase finale “Sì a un’Europa dei patrioti” emerge la discrepanza. Se durante tutto l’intervento si era esaltato, attraverso un’isotopia tematica, il valore della “nazione autonoma”, con “confini sicuri” e legioni di patrioti che intervengono a difenderli, allora com’è possibile l’idea meloniana di Europa?

 

La leader, in termini semiotici, sta cercando di unire positivamente due valori che nel corso del testo sono sempre stati connotati negativamente, contraddicendo la sua stessa isotopia: da “nazionalismo vs europeismo” a “nazionalismo europeista”. In termini politici, questo ha lo scopo di legittimare il sostegno di una politica italiana a una candidata spagnola, sfruttando quella libertà di circolazione di idee e persone che il suo discorso ha condannato fino a pochi istanti prima.

 

In conclusione, analizzando con gli strumenti semiotici il discorso della Meloni, si può risalire alla struttura narrativa che viene messa in campo e che prevede la definizione chiara dei propri codici di lettura del mondo. Questa operazione viene attuta dalla messa in campo di valori e temi che assumono un’identità chiara perché contrapposti ad altri. Potremmo dire che il discorso della leader romana è “equisimile” ad altri, che utilizzano lo stesso schema di contrapposizione tematica (ad es. quello di Salvini il 25 marzo 2022 in uscita dal parlamento: “Le armi non sono la soluzione. Bisogna sostenere una battaglia di libertà e di vita. È sacrosanto accogliere profughi veri in fuga da una guerra vera, non i profughi finti.” O ancora il celebre discorso del “Voi sapete come me” di Emma Bonino).

 

Di più: l’identità di questo discorso si definisce anche in base alla diversità rispetto ad altri, improntati a un regime narrativo privo della risorsa retorica del confronto. Un esempio per chiarimento: l’estratto dell’intervento di Enrico Letta al congresso nazionale di Demos a Roma (https://www.youtube.com/watch?v=M4bnulFaEwY, fonte: “alanews”)

 

Rimane aperta la questione “semio-politica”: può un regime narrativo di questo genere essere adatto a definire questioni complesse come l’identità di genere, i confini sicuri e la cultura della vita?

 

Sandro Marotta

 

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